sabato 14 aprile 2012

Alla corsara 3 - Forme ingombranti e cosa pubblica

Diceva Simmel, discutendo di quelli che chiamava "organi sociali", che "interessa ugualmente alla conservazione del gruppo che questi organi non si specializzino al punto da giungere ad una completa autonomia. Bisogna che si senta sempre con forza, se non altro in modo tacito, ciò che essi sono veramente, vale a dire, che essi non rappresentano in definitiva che delle astrazioni realizzate, che le interazioni individuali ne sono tutto il contenuto concreto […]. Se l’organo sviluppa eccessivamente la sua vita personale, se esso si preoccupa meno dell’interesse sociale e più del proprio, i suoi sforzi per conservarsi entreranno naturalmente in conflitto con quelli della società". Che è poi, in altre parole e qualche anno prima, la legge ferrea dell'oligarchia di Michels, della quale stanno infine iniziando a ricordarsi numerosi commentatori più o meno paludati. Peccato che il ragionamento si sia smarrito nei decenni intercorsi tra la sua formulazione e la serie di dolorosi risvegli che toccano in questo periodo alla società. E che, neanche a dirlo, quelli più smemorati - o del tutto ignoranti, seppur praticanti - siano i leader degli organi in questione. In questo caso siamo addirittura di fronte a un gioco di scatole cinesi in versione elitaria: il partito si configura come élite nei confronti del suo elettorato, ma al suo interno si incistano numerose altre élite più o meno evidenti, su su lungo la scala della dirigenza, fino a giungere a quelli che hanno letteralmente perso ogni contatto con la realtà.


Se la cosa era evidente - a chi si prendesse il disturbo di pensarci un attimo - già da mo' (come si dice a Roma), ora lo iato è talmente stridente da far presagire possibili lacerazioni più o meno dolorose. Sembra di aver a che fare con ragazzini viziati e capricciosi, soliti alla menzogna e convinti di essere molto, molto più furbi del resto del mondo; mentre una marachella, tuttavia, può essere corretta da qualche bel ceffone e solitamente non ha conseguenze gravi, in questo caso i tiri mancini sono sotto gli occhi di molti - tutti sarebbe chiedere troppo alla capacità di attenzione di molti nostri connazionali... - e incidono sulla carne viva. Ora, questo a esser proprio sinceri è uno dei segni della triste deriva che interessa il nostro gruppo sociale: esser governati per anni da buffoni, prostitute e faccendieri pare non sia stato un problema; trovarsi a essere lo zimbello dell'intera comunità internazionale neanche; dover pagare il conto lasciato da quella genìa oscena, invece, è insopportabile. Un conto che chiunque fosse men che stordito non poteva immaginare meno salato di quello che sta arrivando. E lo zelo rinnovato verso gli evasori, che sta stingendo sui ricchi in genere senza star troppo a sottilizzare sulle modalità dell'arricchimento stesso, può anche recare tracce di risveglio di coscienza civile, ma non è certo esente da invidia sociale e voglia di vendetta, presupposti deprimenti su cui iniziare una qualsiasi ricostruzione.


Sarebbe interessante ascoltare, tanto per cambiare, una qualche autocritica non tanto da parte dei governanti - che temo siano ormai irrecuperabili - ma da quelli che col malvivere quotidiano hanno permesso che simili nullità arrivassero ai vertici e ci restassero senza rendersi conto dei mille motivi per cui dovrebbero ritirarsi dalle scene e trascorrere gli ultimi giorni in espiazione possibilmente sofferente. Inutile prendersela col vertice quando è tutta la struttura a fondarsi su equivoci sempre più insopportabili, su scambi umanamente inaccettabili divenuti prassi quotidiana. A parte questo, tuttavia, è come sempre il caso di applicare la propria "follia controllata" à la don Juan e chiedersi se c'è un'ipotesi di rimedio. A costo di parere inattuale (costo che d'altronde sono abituato a pagare :) direi che la strada maestra passa per la drastica limitazione della possibilità per chiunque di vivere un'intera vita nella politica, perdendo così di vista il carattere di servizio dell'incarico e dell'attività. Due mandati al massimo e una scadenza temporale da contratto a tempo determinato per chi si occupa, in queste organizzazioni, dell'amministrazione. E già che ci sono dirò di più: alla faccia dell'iperspecializzazione, sarebbe il caso che ogni mestiere prevedesse anni sabbatici e interruzioni, con fasi di apprendistato altrove per liberarsi dalle incrostazioni che qualunque forma, per quanto ancora pervasa di vita, non può non lasciare. Per dirla con Maffesoli, dovremmo pensare a un Carnevale molto più lungo e articolato, capace di contrastare la paralisi della routine e consentire partenze e ritorni entusiasmanti!

3 commenti:

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  2. Caro Fabio,
    sottoscivo interamente il tuo post/pensiero/analisi critica. Per quanto può valere, quotidianamente, in famiglia, a lavoro, con amici e conoscenti sto cercando di smorzare toni che trovo, non solo esasperati (ma è comprensibile visto la crisi economica) ma, soprattutto, di una ipocrisia infantile e becera.
    Sembra che tutti i nostri mali siano sempre colpa di qualcun'altro, noi non c'entriamo niente, noi stavamo facendo solo la nostra parte con onestà e dignità.
    Che squallore!!!
    Alla domanda che tutti mi fanno, in conseguenza delle mie parole, di "come uscire da tutto questo?" io non ho una risposta ma so per certo che la strada da percorrere passa per una presa di coscienza forte e inizialmente molto personale sull'assenza che tutti noi abbiamo sopportato da diversi decenni dalla sfera civile e sociale accontentandoci e godendo della semplice figura dello "spettatore" capace solo di battere le mani o fischiare.
    "E' pensare che basterebbe pochissimo...basterebbe smettere di sentirsi sempre delle brave persone...basterebbe smettere di piagnucolare, criticare, fare il tifo e leggere i giornali. Essere certi solo di ciò che noi viviamo direttamente. Rendersi conto che anche l'uomo più mediocre può divenatare geniale se guarda il mondo con i suoi occhi... Basterebbe smettere di sentirsi vittime del denaro, del lavoro, del destino e persino del potere, perchè anche i cattivi governi sono la conseguenza naturale della stupidità degli uomini...Basterebbe pochissimo...perchè la spinta utopistica non è mai accorta o piangente. La spinta utopistica non ha memoria e non si cura di dolorose attese. La spinata utopistica è subito. Qui e ora" (Giorgio Gaber - Una nuova coscienza)

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  3. Che bella questa citazione! Credo che ne farò uso piuttosto rapidamente :) E' sempre difficile ammettere di essere parte di un problema, ma temo non sia più rimandabile, come presa di coscienza.

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