mercoledì 12 dicembre 2007

Economia ed etica?

Sono abbastanza soddisfatto di questo blog, anche se ha dei problemi: qualcuno strutturale, qualcuno relazionale, credo Ha un ritmo del tutto inadeguato al web, i post sono di norma troppo lunghi e probabilmente scritti con un tono che non invita al dialogo... E fin qui il mea culpa. E' anche vero, perlomeno credo e spero, che molti dei visitatori non hanno con me un rapporto esclusivamente informatico, ma capitano qui perché incuriositi da qualcosa che ho detto a lezione, perché cercano qualcosa di diverso dal solito, che possa solleticarli in un modo o nell'altro. Mi piacerebbe che dicessero la loro!!! Mi piacerebbe spingerli a scrivere un appunto, un'osservazione, un commento Allora ho pensato di passare all'esortazione diretta. Col post precedente - dedicato a Danilo Coppola - eLuigi Zingales questo, inauguro una serie di stimoli diretti. Materiali quasi grezzi, adatti a un'esercitazione d'aula come a un momento di riflessione, causato dallo studio o da un sussulto di attività cerebrale autonoma.
Oggi parliamo dei difficili rapporti tra etica ed economia, oggi in cima all'agenda dei media e della cogitazione intellettuale. Credo che un recente articolo di Luigi Zingales su "L'espresso" (49/2007, p. 19) aiuti a capire quanto la questione sia "assurda", perlomeno se si continua a usare il termine "economia" con le sue legittime prerogative teorico-pratiche, senza infingimenti: "Senza una punizione pecuniaria non esiste per le imprese l'incentivo a modificare atteggiamenti lesivi dei consumatori [...]. Questo sistema di responsabilità civile è un pilastro essenziale di un buon sistema di mercato. Senza di esso, il perseguimento del profitto spinge le imprese a ignorare i rischi dei consumatori. Lo vediamo nei prodotti per bambini [...]: siccome negli Stati Uniti i bambini valgono poco in termini di risarcimento economico (sono un costo, non una fonte di reddito), le imprese non ritengono economicamente vantaggioso investire in migliori standard di sicurezza".
Apprezzo molto che qualcuno formuli limpidamente concetti del genere, anche se una parte di me ha voglia di mettersi a urlare. Credo sia sano che venga loro data la maggior diffusione possibile, in modo da sgombrare il campo dalla melassa ideologica con la quale si ha a che fare di solito.
E ora gradirei sentire qualche parere. Possibilmente qui, in forma di commento o, per i più intraprendenti, iscrivendosi a Splinder e chiedendomi di diventare coautori o facendosi addirittura il proprio blog inattuale. Chissà...

Giocattoli

giovedì 6 dicembre 2007

Questione di fiducia

Post in stile Aforismatica, proprio al volo. Molti non capiscono il ruolo della fiducia nella società contemporanea. Ora, date un'occhiata a questo volto:Danilo Coppola
gli affidereste mai cinquanta lire - o venti centesimi, a scialare col cambio? Eppure fior di banche lo hanno fatto, tanto da trasformarlo per qualche tempo in un corsaro della finanza, prima che si rivelasse come "furbetto del quartierino" e poi come patetico maneggione... So che si può pensare che la crème de la crème delle banche avesse i suoi motivi; anzi è sicuro. Il problema è che in linea di massima ci si fida delle banche e quindi, per la famosa proprietà transitiva... Per non parlare poi di quelli che gli hanno affidato i loro risparmi di persona, vedendolo. Il fascino del ruolo, in questa società, soprattutto se ha a che fare col misterioso e affascinante mondo della finanza, espropria di fatto ogni traccia di buonsenso.