sabato 19 gennaio 2008

I nuovissimi mostri

DexterTorniamo a occuparci di temi apparentemente più frivoli  L'ho lasciato decantare qualche tempo, perché Dexter non era un serial come gli altri. Con aria leggermente svagata, senza accentuarlo troppo, ha rappresentato il superamento di un altro limite, nella fiction. Un'altra confusione notturna che viene a scombinare i già deboli sistemi di riferimento valoriale di cui la gran parte dei soggetti contemporanei dispone. Un altro dei casi in cui a priori non si sa a che santo votarsi, perché il protagonista, l'eroe, è un serial killer. Un po' atipico, è vero, perché il padre adottivo, che aveva scoperto i suoi "gusti", l'ha educato a rivolgere le sue attenzioni ad altri cattivi, criminali che per numerosi motivi sfuggono alla giustizia. Così, per non restare a corto di vittime e per seguire in parte l'esempio del papà, figura di riferimento, Dexter è un tecnico di laboratorio della Scientifica di Miami, perito ematologo (si noti l'ironia), un poliziotto. Un novello Robin Hood, per certi versi, e anche simpatico e bisognoso d'affetto... E così il disordine arriva alle stelle!
Questo però è solo il primo livello di sfida che gli autori della serie rivolgono al malcapitato pubblico. Iniziano coll'instillare un sottile disagio, che viene dalla dinamica di immedesimazione implicita nel meccanismo narrativo; spingono a riconoscersi in un maniaco omicida, anche se con alcune sfumature attenuanti. E già questo non è male. Poi lasciano che il maniaco rifletta sul suo stato, in sequenze sparse all'interno dei vari episodi, per approfondirne il ritratto e lo spessore psicologico e per fomentare la simpatia degli spettatori.
Così il quarto episodio, Album di famiglia, inizia con queste parole: "
La gente intorno a me cerca sempre di stringere nuove relazioni, di amicizia o di amore, ma i legami portano fastidiose complicazioni, impegni, la condivisione, accompagnare qualcuno in aeroporto. Se una persona mi arriva così vicina scoprirà chi sono veramente e io... non posso permettermelo. E' ora di mettermi la maschera!" Un dramma, nevvero? Che pena proviamo per un uomo orbato di un'intera dimensione così importante nella vita... Qualche minuto dopo - la puntata è ambientata a fine ottobre - arriva quest'altro monologo: "Adoro Halloween. E' l'unico periodo dell'anno in cui tutti portano una maschera, non solo io. La gente trova divertente fingere di essere un mostro, io passo la vita a far credere di non esserlo. Fratello, amico, fidanzato, tutte maschere che indosso ogni giorno. Qualcuno mi definirebbe un impostore... Io preferisco considerarmi un maestro del travestimento!"
HalloweenTempo di Halloween, tempo in cui ci si diletta di mimetismo e maschere. Il solo tempo in cui Dexter è simile agli altri... Ma ne siamo proprio sicuri? O c'è - come diciamo a a Roma - la fregatura? Quali maschere indossa infatti, di solito? "Fratello, amico, fidanzato", poliziotto - si può aggiungere - scienziato e chi più ne ha più ne metta. Non la strega o l'elfo o il pazzo con la motosega o Freddy. Indossa le stesse maschere che tutti indossiamo e se può farlo per rendersi normale è perché in effetti sono travestimenti, sono ruoli, cose che dichiarano e nascondono. Non solo Dexter. Potenzialmente chiunque. Ecco perciò che l'implicazione fastidiosa di poco fa diventa un'accusa velata. Come si fa a distinguere il maniaco dalla persona normale? Come si fa a capire chi dichiara e chi nasconde? Chi mente e chi no?
E' una vertigine! E anche le parole iniziali prendono un altro sapore, spingono a riflettere meglio sul gioco delle relazioni e sul valore dei rapporti, soprattutto in un tempo di menzogna generalizzata, solitamente riguardante la millantata originalità che ognuno sostiene di portare in sé... Tema prossimo alla Bildung, imbarazzante, che quindi si deve a tutti i costi perseguire Come diceva Bono: "Am I bugging you? I MEAN to bug you!" Tema che ci porta dove, per chiudere questo post fiume? Al problema della vera originalità soggettiva, principe nascosto di questi anni. Dopo l'inversione moderna del tono spirituale dell'unicità, questa è diventata una specie di miraggio, qualcosa che tutti affermano, pretendono di avere e che invece scarseggia sempre più. D'altronde, in questo tempo di bluff, chi è che può andare a vedere la mano? Solo qualcuno che abbia il punto. Tutti gli altri fingeranno di credere alle balle altrui purché gli altri credano alle loro, in un gioco di specchi dove al centro c'è solo un vuoto crescente. In questa situazione, però, vale per tutti ciò che vale per Dexter: "Se una persona mi arriva così vicina scoprirà chi sono veramente e io... non posso permettermelo. E' ora di mettermi la maschera!". Ecco da una parte spiegata la crisi onnipresente delle relazioni primarie, troppo rischiose; inoltre, lo scivolamento è compiuto e il povero animale braccato per cui provavamo pena è diventato una rappresentazione iperbolica di noi: il vicino normale che ha sterminato la famiglia, quel signore tanto per bene che mangiava prostitute, quell'altro che spaccia roba tagliata male. E non è neanche finita qui! Perché in questo simpatico clima, il solo veramente pericoloso è quello che è originale davvero, senza aver bisogno di far stragi o massacrare qualcuno; quello che è spiritualmente unico e può venire a scombinare il gioco degli altri, mostrando quanto sia patetico e insignificante il re nudo. In chiusura di puntata i responsabili della serie si dilettano a sbatterci in faccia la soluzione della sciarada che ci stanno ammannendo, infrangendo gli alibi, ma delicatamente, contando sul fatto che i più non si ricordano le battute di mezz'ora prima e che tutto continuerà a sembrar loro solo un innocuo serial: "Tutti nascondono ciò che sono veramente. A volte seppellisci una parte di te tanto in profondità da dimenticarti che esiste. E a volte vorresti solo dimenticarti chi sei. Non sono il mostro. Non sono né un uomo, né una bestia. Sono qualcosa di completamente nuovo e seguo le mie regole. Sono Dexter".