Oggi parliamo dei difficili rapporti tra etica ed economia, oggi in cima all'agenda dei media e della cogitazione intellettuale. Credo che un recente articolo di Luigi Zingales su "L'espresso" (49/2007, p. 19) aiuti a capire quanto la questione sia "assurda", perlomeno se si continua a usare il termine "economia" con le sue legittime prerogative teorico-pratiche, senza infingimenti: "Senza una punizione pecuniaria non esiste per le imprese l'incentivo a modificare atteggiamenti lesivi dei consumatori [...]. Questo sistema di responsabilità civile è un pilastro essenziale di un buon sistema di mercato. Senza di esso, il perseguimento del profitto spinge le imprese a ignorare i rischi dei consumatori. Lo vediamo nei prodotti per bambini [...]: siccome negli Stati Uniti i bambini valgono poco in termini di risarcimento economico (sono un costo, non una fonte di reddito), le imprese non ritengono economicamente vantaggioso investire in migliori standard di sicurezza".
Apprezzo molto che qualcuno formuli limpidamente concetti del genere, anche se una parte di me ha voglia di mettersi a urlare. Credo sia sano che venga loro data la maggior diffusione possibile, in modo da sgombrare il campo dalla melassa ideologica con la quale si ha a che fare di solito.
E ora gradirei sentire qualche parere. Possibilmente qui, in forma di commento o, per i più intraprendenti, iscrivendosi a Splinder e chiedendomi di diventare coautori o facendosi addirittura il proprio blog inattuale. Chissà...
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