martedì 12 agosto 2008

La mistica del manager

monk 2«Nell'aria rarefatta del mattino i manager sono riuniti in meditazione. Ascoltano concentrati le note del canto gregoriano che si diffondono nel parco della villa barocca che fu dei gesuiti (...). Sono appena le otto, ma è già tardi (...). Del resto poche ore di sonno sono sufficienti per persone che, come spiega l'amministratore delegato di una importante azienda, devono avere fisico allenato e tempra da atleti per affrontare le responsabilità quotidiane» (M. Cavallieri, Slalom di carriera, L'espresso 30/2008, p. 144)

Spesso, quando parlo di prospettiva immaginale, studenti e colleghi hanno difficoltà a capire cosa intendo, dato che sul tema "immaginario/immaginale" si è detto e scritto di tutto alla luce, tra l'altro, di uno dei pregiudizi più inflessibili e condivisi della nostra cultura. Allora passaggi come questo, privo di ogni ironia e pervaso, di contro, da uno stupore reverenziale, aiutano a spiegare. E' evidente - perlomeno ai miei occhi - che la figura del manager, lungi dall'essere percepita e intesa come una professione tra le tante, riassume in sé dei tratti eroici e spirituali che ne fanno la versione contemporanea dell'eroe-sacerdote. D'altro canto basta pensarci su un momento: a) possiede un sapere esoterico che spesso è incomprensibile a lui stesso (siamo tornati addirittura ai vaticini di Delfi!); b) fa parte di un gruppo ristretto al di là del bene o del male (quasi nessun esponente di questa casta - contro la quale non odo strepiti o manifestazioni! - ha mai pagato per i considerevoli sfracelli combinati: in Italia poi prendono premi stratosferici anche se abbandonano la nave mentre affonda per colpa loro oppure se ammettono candidamente di non sapere nulla di ciò che accade nelle loro aziende, come il buon Tronchetti Provera di recente o l'attualeThe Leader Presidente del Consiglio); c) è bello, elegante, potente, sempre attorniato da donne splendide... Appare abbastanza chiaro che il culto dell'economia non può essere scalfito da semplici osservazioni razionali, quali il richiamo all'abisso nel godimento dei suoi profitti, all'ambiente al collasso o alla stupidità raccapricciante della gran parte dei comportamenti da essa influenzati: l'apparato simbolico e immaginale è troppo potente per temere il misero attacco della ragione. Risalta, nella breve citazione, un registro evocativo che rinvia a spessore spirituale e carisma, uniti alle non comuni doti fisiche e caratteriali che fanno l'altro eroe del nostro tempo, il campione sportivo, per dipingere il personaggio di un romanzo, non un uomo in carne, ossa e - spesso - difetti. Un uomo al di sopra di sospetti e critiche, un... LEADER! E diciamola, no?, la parola magica che sostanzia in sé l'intera costellazione di senso!
C'è di buono che il processo inflattivo che ci ha portato a passi insulsi come quello appena citato o quest'altro capolavoro:

«L'ardita operazione ha la regia di un uomo determinato, il carioca Carlos Brito, volto nuovo del capitalismo mondiale. "E' bassetto, moro ed ha uno sguardo deciso. Quando l'ho visto la prima volta, il suo aspetto e la sua volontà di dominare il mondo mi hanno fatto pensare a Napoleone"» (A. D'Argenzio, La birra? E' in fermento, L'espresso 30/2008, p. 126)
Napoleon
il processo, dicevo, ha completamente perso di vista ogni senso della misura e ormai, più che sfiorare, sguazza nel ridicolo. E il ridicolo non è razionale, se Dio vuole! Riesce a imporsi nonostante i peana e le autoillusioni - che giocano in tutto questo un ruolo centrale - e a svelare che il Re è nudo. E patetico. Tanto per capirsi, il campione in odore di Napoleone qui sopra dirige una fabbrica di birra! Molto grande, ma pur sempre una fabbrica di birra. E i monaci shaolin più sopra sono gente che nella gran parte dei casi tira coca e reagisce come il famoso cane di Pavlov a poche parole chiave
The King Is NakedEd è anche un peccato, perché qualche segno di scuotimento dal torpore trionfalistico ci sarebbe anche. Lo stesso articolo di apertura, qui sopra, prosegue tirando in ballo nuove figure che rinunciano all'adorazione della carriera seguendo vocazioni non economicistiche, cosa che è musica per le mie orecchie, anche se nella prassi di vita di una tale evoluzione nei comportamenti non ho notizia né coscienza. Sarà che sono cinico...

1 commento:

  1. Quando ho a che fare con manager, se posso, inizio a citare le Lezioni Americane di Calvino e Shakespeare... Non so quando loro serva, ma almeno non ricado nelle solite frescacce!!

    ps. Prof sempre un passo avanti

    Giulio

    RispondiElimina