Entrambi gli autori sembrano descrivere realtà marginali e minacciose, possibilità condizionali di deriva di un sistema per altri versi sano e funzionante. È un caso lampante di gestione dell'anomalia, nei termini della filosofia della scienza di Kuhn, un modo per disinnescare conseguenze catastrofiche per un intero paradigma che nell'anomalia stessa trova la sua crisi e superamento. Qual è l'anomalia? Per quanto scrive la Ventura, la prima cosa che viene in mente è che la sua descrizione si attaglia alla perfezione alla Lega, partito che ha governato l'Italia per più di un decennio: non parliamo quindi di gruppuscoli facinorosi, ma di realtà consolidate e potenti che giustamente dovrebbero preoccuparci. Per quanto citato da Todorov, invece, la questione è ancora più delicata, perché di fatto l'autore descrive il modo di procedere dell'intera cultura occidentale da qualche secolo a questa parte. Dice Morin del paradigma di semplificazione che, «di fronte a ogni complessità concettuale, prescrive sia la riduzione, sia la disgiunzione» (I sette saperi necessari all'educazione del futuro, Milano, Cortina, 2001, p. 25) e ci ricorda (p. 24) che «il paradigma prescrive e proscrive, effettua la selezione e la determinazione della concettualizzazione e delle operazioni logiche. Designa le categorie fondamentali dell'intelligibilità e opera il controllo del loro uso. Così, gli individui conoscono, pensano e agiscono secondo i paradigmi inscritti culturalmente in loro.»
![](http://th01.deviantart.net/fs70/PRE/f/2011/133/0/5/parthenon_by_kevrekidis-d3g8548.jpg)
Se quelli descritti da Todorov a proposito delle famose minoranze cattive sono invece i procedimenti di attribuzione di senso della cultura occidentale, stupirsi dell'incedere del populismo è perlomeno peculiare. Come potrebbe, una cultura che predica la riduzione e la semplificazione come strada maestra per la comprensione della realtà, generare istituzioni che si conformino a questi principi? Lo stesso utilizzo del termine populismo è semplicemente apologetico, vuole stigmatizzare una piccola parte per salvare l'intero, senza riuscire a vedere - e non per malafede, ma per quello che sempre Morin chiama «accecamento paradigmatico» - che il problema è a monte, nella transizione verso nuove grammatiche di descrizione della realtà che correggano errori secolari, sulla scorta dei quali è oggi pressoché impossibile distinguere tra il populismo paventato e quella che chiamiamo democrazia.
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